L’ulivo è uno degli alberi simbolo del Mediterraneo. E per quanto l’Umbria, polmone verde del Centro Italia, non sia bagnata dal nostro mare, le olive qui non mancano. Come le querce, che circondano il terreno e che indossano ancora foglie verdi, mentre ciliegi e albicocchi si accendono vermigli, di zafferano e rosso pompeiano e dei colori del tramonto di cui questa stagione è punteggiata.
Tra poco sarà di nuovo tempo di stendere le reti sul prato. Non aspetta troppo e raccoglie a ottobre chi punta alla qualità dell’olio; porta le cassette al frantoio a novembre chi ne desidera di più. Noi siamo di quelli che si affrettano, per godere di giornate più lunghe di quelle che verranno e per terminarle con la chitarra davanti al fuoco.
E’ una festa per noi, questo rituale che si rinnova ogni anno. Le mani sono i nostri rastrelli, gli insetti e gli uccelli osservatori discreti, mentre le nuvole creano dispetti, il vento le disperde e il sole asciuga i loro capricci. Il suono ovattato delle olive che cadono sulle reti, il gatto che controlla che non saltino fuori, immersi nel tempo lento dell’autunno, con l’aroma del frantoio e la prima bruschetta sul nostro pane con gli amici. Extravergine non di sole olive raccolte a mano.
E festa sarà anche se questa annata è povera di frutti, come mai prima d’ora. Ma apprezzeremo quel che verrà, sperando che il prossimo anno ce ne siano di più. E dedicandoci allora alle potature, della lavanda e dello stesso ulivo e alla cura del giardino.
La raccolta delle olive è condivisione, tra le fronde degli alberi; è calore, nel pasto caldo che mangeremo nelle pause e di sera davanti al camino; è gioia, gratitudine e soddisfazione di aver ripetuto insieme, con le nostre mani, un gesto antico e che ci lega alla terra e ai suoi frutti.
Nel ricordo, dolce e amaro, intenso e indimenticabile, dei tramonti, molti – eppure troppo rapidi, passati sugli ulivi con mia madre.